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con animo di non darvene faftidio, fe non quando vi foste sbrigato da l'imprese grandi. Mà poi che voi medefimo vi offerite di farla adeffo; penfate, quanto mi fia più caro. Del prefto e de l'adagio mi rimetto à voi; perchè giudico, che si possa fare ancor presto e bene, dove corra il furore, come nella Pittura, laquale in questa parte, come in tutte l'altre è fimiliffima à la Poefia. E ben vero, che'l mondo crede, che facendo voi manco prefto, farefte meglio; mà questo è più probabile, perchè fi potrebbe ancora dire, che l'opere stentate, non rifolute, e non tirate con quel fervore, che fi cominciano, riescono peggiori. Ed ancora non vorrei, che penfafte, ch' io defideraffi tanto temperatamente una vostra cosa, ch'io non l'aspettassi con impazienza. E però voglio, che fappiate, ch'io dico adagio, cio è pensatamente, e çon diligenza; ne ancora con troppa diligenza: come fi dice di quell' altro vostro, che non sapeva levar la mano de la tavola. Mà in questo caso, io ini conforto, che'l più tardo moto che voi facciate, giunge prima, che'l più veloce degli altri. E fon ficuro, che mi fervirete in tutti modi; perchè oltro che voi fiete voi, conofco, che volete bene a me; e veggo, con quanto animo vi mettete particolarmente à questa imprefa. E da questa vostra prontezza d'operare, ho già conceputa una gran perfezzione de l'opera. Si che fatela, quando, e come ben vi torna; che ancora de l'invenzione mi rimetto a voi; ricordandomi d' un' altra fomiglianza che ha la Poefia colla Pittura; e di più, che voi fiete così, Poeta, come Pittore; e che ne l'una e ne l'altra con più affezzione e con più studio s'esprimono e concetti e l'idee fue proprie, che d'altrui. Pur che siano due figure ignude, uomo e donna, che sono i maggior foggetti de l'arte voftra, fate quella storia, e con quella attitudine, che vi pare. Da quefti due principali in

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ceva,

fuori, non mi curo, che vi fiano molte altre figure, fe già non foffero piccole e lontane; perchè mi pare, che l'allai campo dia più grazia e faccia più rilievo. Quando pur voleste saper l'inclinazion mia, l'Adone e la Venere mi pare un compimento di due più bei corpi, che poffiate fare, ancora che fia cofa fatta. E rifolvendovi à quefto, avrebbe del buono, che imitafte, più che foffe poffibile la defcrizzione di Teocrito. Mà perchè tutta infieme farebbe il gruppo troppo intricato, il che diceva dianzi che non mi piafarei folamente l'Adone abbracciato, e mirato da Venere con quello affetto, che fi veggon morir le cofe più care, pófto fopra una vefte di porpora, con una ferita nella cofcia, con certe righe di fangue per la perfona, con gli arnefi da cacciatore per terra; e fe non pigliaffe troppo loco, con qualche bel cane. E lafcierei le Ninfe, le Parche, e le Grazie, ch' egli fa, che lo piangono, e quelli Amori, che li miniftrano intorno, lavandolo, e facendoli ombra con l'ali; accommodando folamente quelli altri Amori di lontano, che tiranno il porco fuor della felva; de' quali uno il batte con l'arco, l'altro lo punge con uno ftrale, e'l terzo lo straffina con una corda, per condurlo à Venere. Ed accennerei, le fi potelle, che del fangue nafcono le rofe, e de le lagrime i pavaveri. Questa, o fimile invenzione mi va per la fantasia; perchè oltre à la vaghezza, ci vorrei de l'affetto, fenza'l quale le figure non hanno fpirito. Se non voleste far più d'una figura; la Leda, e fpecialmente quella di Michelangelo, ini diletta oltramodo. E quella Venere, che fece quell' altro galant' uomo, che usciva del mare, m' imagino, che farebbe bel vedere. E nondimeno, come ho detto, mi contento di quel ch' eleggerete voi medefimo.

mi rifolvo, che fia in tela di

Quanto à la materia, cinque palmi lunga,

ed

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ed alta di trè.

che vi dica altro,

giamo infieme.

De l'altra opra voftra, non accade, poi che vi rifolvete, che la vegIn quefto mezzo finitela di tutto,

quanto à voi; che fon certo, che ci harò poco altro

da fare, che lodarla.

10. di Maggio, 1548.

State fano. Di Roma, à li

T

Bernardo

Bernardo Tasso.

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S. B. II, S:73. B. IV, S. 154. Auch in diesem Briefe von ihm wird man die bekannte edle, uneigennägige und pas triotische Denkungsart dieses würdigen Mannes mit Vergnügen bemerken, und darin zugleich die ihm eigne korrekte und eles gante Schreibart wieder finden.

AL PRINCIPE DI SALERNO.

Io non fon, nè di fi poco giudizio, nè di tanta temerità, Eccellentiffimo Signor mio, ch'io non conosca, che a me non si conviene configliar una perfona di molta prudenzia e di lunga esperienzia delle cofe, come fiete voi; perchè nè io faprei darvi quel configlio, che favio e approvvato folle; nè voi d'altrui configlio avete bifogno. Però più tofto per via di discorso ragionando con ello voi, à guifa di cote, con le mie ragioni aguzzarò il ferro del voftro intelletto. Voi pofcia, come buon giudice, confiderate le mie ragioni; conofcerete, che se faranno vote di prudenzia, elle almeno saranno piene d'affezzione e di fede.

Non crede, Illuftriffimo Signor inio, che fia alcuna perfona di giudizio, che non fappia, che dopo Iddio, niuno obligo è maggior, che quello, che habbiamo alla patria; e che, eziandio che caro ne sia il padre e la madre, cari i figliuoli, i parenti, gli amici; che la carità della patria abbraccia e stringe insieme tutti questi amori: di maniera che Te l'ingratitudine è quel vizio, che più d'ogni altro debbiamo fuggire ed odiare; niuna ingratitudine è maggiore di quella, che s' ufa verso la patria. Perchè dov'è maggior

l'obligazione, ivi è maggior l'ingratitudine: e l'obligo, che le abbiamo, è tale, che ne le fue neceffita un' animo, nobile ha da preporre la morte fua à la fervitù, al danno, ed à la infamia de la patria fua. Se quefto è, come potrete voi con scusa, ch'abbia ne del ragionevole, ne de l'onefto, ricusar questa andata? da laquale dipende la riputazione, il beneficio, e la falute univerfale di questo regno? Non voglio ripigliar le ragioni, che vi potrebbono dissuader di questa impresa; poichè voi medefimo l'avete confiderate, conosciute, ed allegate: à lequali per non eller neceffario di rifponder particolarmente, risponderò folo con una parola ; dicendo, che più tofto fono fondate fu l'utile che fu Ponefto, e per questo indegne de la vostra prudenzia, e de la grandezza del animo voftro. Chi vuol mifurar le paffate operazioni della vita vostra, vi giudicherà per cavaliere integro, magnanimo, valorofo: volete hora mancar del decoro della vostra dignità? Non fapete, ch' egli è di mestieri, che l'azzioni nostri serbino sempre una egualità ed una concordia? E che fi come nei liuti, e negli alti stromenti musicali ogni picciola diffonanzia è ripresa e biafimata, così ogni noftra operazione, che non corrisponda al virtuofo inftituto de la vita nostra, è da riprendere e da biafimare? Qual più onorata occasione, e degna del intelletto e della grandezza vostra, vi poteva portar la for. tuna di questa? Ella v' ha aperto un largo e spaziofo campo, per loquale vagando con. la vostra virtù, po trete mostrar la grandezza del animo vostro, con fo disfazione e benefizio della patria voftra, di tutto questo regno, e con voltra riputazione e dignità. Ella v'ha data opportunità con poco voftro incomodo, fenza alcun voftro pericolo, nè d'honor, nè di vita, di po terla follevare da tanta infamia, e da fi evidente ruina. E se habbiamo letto ne l'antiche mémorie, e visto nel Beifp. Samml. 8. Bd. 1. Abth. pre.

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