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loro portata, governano in gran parte la vita, e fanno di cosi mirabili prove. Nè egli può altrimenti fapere qual corrispondenza, qual parentela si abbia tra le idee del tatto, e le novelle che gli entrano in folla per la vista. E intanto noi francamente affermiamo di vedere le forme, il rilievo, di mifurare con l'occhio le distanze degli oggetti che ci fono innanzi, e possiamo realmente difcernere l'uno oggetto dall' altro, in quanto che avendo tante e tante volte maneggiato quelle cose variamente pezzate di luce, di ombra e di colori che da noi vedeansi, abbiamo appreso a concepire insieme con tale apparenza e qualità di lume, di ombra, e di colore, tali forme, tali distanze, tali sfondi, e rilievi: Per esempio, diverfi appariscono sempre gli accidenti del lume e dell'ombra in uno oggetto rilevato da quelli, che appariscono in uno che fia piano; diverfi in un rotondo, e in un quadrato; più debole e il lume nelle cofe lontane che nelle vicine; in un corpo duro e lifcio, come è il marmo, vivo e frizzante è il lume; sfumato in un foffice, come è un guanciale. Tali cose ognuno di noi le ha apprese e le ha fu per le dita, quafi non volendo, in virtù delle replicate prove, che ne ha fatto, e ne fa giornalamente. E quantunque niuna fomiglianza ci sia in realtà tra il frizzante del lume, e il lifcio del marmo, e cosi del refto; a ogni modo appena ne si affaccia all'animo una di queste idee, che l'altra, benchè differentiffima, forge anch' essa in un baleno, e le fa compagnia. Non in virtù, torno a dire, di alcuna fomiglianza, mà del legame foltanto, che hanno tra loro. Ma zitto: Ecco, Madama, che al fentir colaggiù gridar che nella volta del canale, affai altre cofe ne forgono in mente, che punto non fomigliano a quella voce: Non è egli vero, che noi vediamo tofto con l'animo il barcaiolo dar del remo in acqua, vediamo la gondola, coloro che vi son dentro con quello che va infieme?

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Fece

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Fece qui bocca da ridere Caritea, indi riprese a dire, Da quanto voi dite mi è ora chiaro in che cosa confifta l'inganno, o fia la perfezione della pittura: In virtù della efatta rappresentazione di ciò che appartiene a un fenso folo, ella ha potere di farne conoscere, e ne richiama tosto alla mente anche quello, che è della ragione degli altri sensi. In ciò veramente, io risposi, stạ la maestria. Ora quello che dopo moltiffime offervazioni, e in virtù dell' abitudine radicata nella nostra anente fino dagli anni più teneri noi facciamo agevolmente, e in un subito, il cieco, che ha di fresco acquiftata la vifta, non le può fare che a poco a poco, ed a ftento. I primi oggetti ch' egli imparerà a conoscere, e così fece il giovane rifanato dal Chefelden, faranno la propria persona, le mani, i piedi, la terra su cui pofa. E ciò toccando e ritoccando tali cose, e nello stesso tempe guardandole, e riguardandole più volte, e mettendofi bene a memoria, che con tale idea del tutto tale, e non altra, va di compagnia. E crediate pure, Mar daina, ch' ei prenderà degli sbagli parecchi, prima ch ei poffa rifolutamente afferire quella tale apparenza elfere una certe particolar cosa e non altra; prima che il quadro abbozatogli in mente, dirò così, dalla vifta gli venga ad effer condotto a compimento e a perfezione dal tatto.

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Ben m'accorgo, qui diffe Caritea, che di non picciol tempo gli farà stato meftieri per conoscere cogli occhi foltanto gli oggetti, che gli ftavano dattorno Colei, per cui dovea quel valente giovane aver princi palmente defiderato di vedere, come è naturale a pene fare, l'avea forse innanzi, e non la ravvifava, Così è, io rifpofi; udiva forfe anche quelle parole, che grate gli suonavano agli orecchi, e più grate al core, e la bocca non riconosceva, donde ufcivano. per altro cotesta, qui ella ripigliò, la lezione,

Sarà ftata

che egli

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)

no.

avrà appreso con più facilità che qualunque altra. E dopo questa, io riprefi a dire, quella del giudicare dell alto e del basso delle cose. Un sentimento assai vivo då all' uomo in ogni iftante di tempo, e in ogni parte della perfona, il gravitare ch' ei fa del continuo verso la terra. E un tal sentimento somministratogli dal tatto gli dà una idea egualmente viva dello in giù e dello in fu per conseguente allo in giù dirittamente contrario. Balla adunque egli chiama la terra, verfo cui si sente del continuo fofpinto dalla forza irresistibile della gravità, bassi li piedi che toccan terra, e fu quali fente portare il peso della propria perfona; alte le braccia, le mani, il capo, ed il cielo, che più da terra fi difcoftaSimilmente in ballo dirà effere la bafe della colonna che posa in terra, e il capitello in alto, fia che capopiè, o diritta fi dipinga nell' occhio fuo la immagine della colonna, o in quale altra positura si voglia. Avanzato poi che farà anche più nella pratica o scienza del vedere, quando cioè avrà anche meglio legato infieme le vecchie idee del tatto colle novelle della vista, basse chiamerà tutte le cofe, la cui immagine cade nel fito della retina, o là intorno, dove cade la immagine del capitello della colonna, o del cielo. E non fa caso quali fieno tali fiti; se quando un oggetto è in basso, vi corrisponda per la fua immagine l'alto della retina, ovveramente un altro fito; come non fa caso che tra il frizzante del lume, e il lifcio del marmo, vi fia fomiglianza alcuna. Bafta che vadano fempre di compagnia. Niente adunque importa, ella disse in atto di inaraviglia, che il luogo dove fi trova l'oggetto, e il luogo dove se ne dipinge la immagine, fieno dalla stessa banda; anche nulla importa, che fi trovino tra loro in opposizione, perchè da noi fi giudichi rettamente della fituazione delle cofe! Quello che importa il tutto, io rifpofi, è che fieno sempre in opposizione; voglio dire

che

che agli oggetti posti in basso risponda sempre l'alto della retina, ed il basso agli oggetti, che sono posti in alto; che la immagine fi dipinga sempre nell' occhio' allo stesso modo, come di fatto avviene. Per tal guifa non ci sono mai contrarietà nella conneffione delle noftre idee, ella conneffione ci è fempre più ribadita in mente da una ferma e perpetua abitudine; e la sensazione, che per mezzo della vista abbiamo delle cofe, è raddrizzata dal concetto, che intorno alla situazione di elle ne fa formare il tatto, il più valido cioè, ed effenziale de' noftri fentimenti, e che, fparfo per tutta la noftra perfona, è quafi la mifura, e il paragone degli altri.

Parmi dover comprendere, diffe qui Caritea, che il tatto governa e regge in grandiffima parte le nostre idee, che anche nelle cofe filofofiche conviene ad effo dare la preminenza e la palma tra gli altri sensi. E farebbe forse in virtù di questo medesimo sentimento, che s'imparaffe ancora a concepir fole le cofe, delle quali, guardando pure con due occhi, noi riceviamo due immagini?

Ma

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Cofi è veramente, io rifpofi. Quando voi, dama, non amafte meglio tenere con un Filofofo, che gli occhi nelle loro funzioni fi danno il cambio, e l'uno fuccede all' altro come Caftore e Polluce. Dicianno, vi aggrada, che mentre l'uno occhio opera, l'altro è ozioso, e ci sta come una comparsa in scena. La nuova fantasia, ripigliò ella tofto, mi sembra cotesta. E non è lo fteffo che dire, che noi palleggiando caminiamo con un piede folo?

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Almeno da quefto, io rifpofi, non è difficile a comprendere, quanto fia talvolto ridicolo quello, che pronunzia gravamente un Filofofo. Ma egli è fuori d'ogni dubbio, che il tatto predomina in ogni cofa agli altri

fenfi. E nel vedere un oggetto, non ostante le due immagini che ne riceviamo, la forza predominante di effo, la quale ne ha tante e tante volte certificato un folo effer l'oggetto da noi veduto, e non due, fa sì, che lo vediamo un folo. In virtù di prove mille e mille volte ripetute, e che ne confirmano sempre lo stesso, il concetto della mente avvalorato dal fenfo più forte, giugne a correggere li errore del senso più debole; i giudizi, fenza che noi ce ne accorgiamo, s'incorporano a poco a poco colle sensazioni, e il giudicare, e il vedere diviene una cofa. Bafta anche in tal caso, che le due immagini le riceviamo fempre ad un modo; voglio dire, che cadano fempre fopra parti della retina, che tanto nell' un occhio, quanto nell' altro, fi fogliano corrispondere, e fogliano fempre effer moffe di compagnia. Laddove se cadano sopra parti della retina, che non fieno altrimenti folite a corrisponderfi, doppj in tal caso da noi fi veggono gli oggetti: Come se altri guarda lofco. Succede allora come a colui, che preine bottoncino accavallando l'uno fopra l'altro le dita. Lo fente doppio; che così nol fente, quando lo tocca naturalmente, e lo preme con le due dita diftese. E già vedete, Madama, che nei casi inufitati, in una nuova foggia di vedere, e di fentire, non possono venire in ajuto le vecchie prove fatte in cafi confimili, non può con la sensazione andar congiunto il giudizio, che corregga la sensazione medefima.

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Sicchè voi credete, ella foggiunse, che se uno fi foffe per lungo tempo accoftumato a premere un bottoncino colle due dita accavallate infieme, non lo fentirebbe più doppio? Credolo, io rifpofi, anzi ne fon Licuro; per la ragione, che non appariscono doppj gli oggetti a coloro, che guardan lofco naturalmente. Per elli vengono sempre a corrifponderfi nella retina, ed ad eller molle di compagnia altri parti da quelle, che fi

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