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IX

la vostra patria da tutti e specialmente da noi altri italiani, che vi siamo riconoscenti di avervi veduto fare i primi studii all'Università di Pisa ed ora siamo alquanto superbi che abbiate scelto la nostra Firenze per passarvi gli anni di pace e di riposo.

Quanto a voi, a tutti quelli che vi ammirano, ricordando le fortunose vicende della vostra vita, modestamente rispondete sempre: non ho fatto che il mio dovere. - Ma, quanti altri possono ripetere queste poche e sante parole?

Ed ora io vi saluto, augurandovi con tutto il cuore gli anni di Fontenelle e di

Chevreul.

Belgirate, 31 agosto 1894.

Il vostro

MANTEGAZZA.

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DUE PAROLE AL LETTORE

che possono anche servire di prefazione.

Gli amici più cari, quei pochi ai quali confido tutti i miei pensieri, quando ebbero udito da me, che volevo scrivere l'Elogio della vecchiaia, si misero a ridere; facendomi intendere molto chiaramente, che io parlavo per celia.

lo però insistevo, atteggiando la faccia alla più grave serietà, e allora mi davano del matto; e un coro di obbiezioni, di sarcasmi, di invettive mi si rovesciava

addosso, come valanga di pietre in un'an

tica lapidazione.

Sì, sì: sta bene, il tuo elogio sarà come quello di Erasmo sulla pazzia. Lodare la vecchiaia, per farne la satira.

Ma che si fa celia? Lodare la vecchiaia, la parte più miserabile della vita, che presa anche nell'assieme, è pure una povera cosa? Lodare l'età del catarro, della sordità, della debolezza; l'età in cui ogni giorno strappa un fiore o una foglia dall'albero della nostra vita; lodare l'agonia dell'esistenza?

Non riuscii a persuadere un solo dei miei amici, che il mio libro sarebbe serio e che senz'ironia avrei lodato la vecchiaia.

Chi sa che dopo averlo letto non abbiano a cambiar d'opinione, chi sa che non si ricredano del loro errore!

Io ho scritto questo libro per me e per tutti coloro, che avendo più di sessant'anni, più di cinquemila lire di rendita, e una buona salute, non sono felici, e non lo sono per la sola ragione di esser vecchi.

Nella mia giovinezza, nell'età adulta ho sempre fatto le più grandi meraviglie, vedendo che gli uomini si auguravano a vicenda come sommo bene una lunga vita, e avutala, la maledivano. In questo

paradosso doveva trovarsi nascosto, come
bruco in un frutto, un grosso errore,
che si doveva scoprire e distruggere.

Che tu possa campar cent'anni, che tu possa vedere la quarta generazione! E poi si dice che la vecchiaia è la miseria delle miserie: e i vecchi brontolano in felici coloro, che son morti giovani! Quanto è diverso l'augurio dalla cosa augurata!

coro:

Dov'è il bruco nel frutto? Dove è l'errore? Chi ha ragione dei due? Chi augura a sè e agli altri la vecchiaia; o il vecchio, che, avutala, la maledice?

La vecchiaia non è che una fase della vita; e in una vita normale, fisiologica, perfetta, è necessaria come tutte le altre età. Non v'è giornata senza il crepuscolo della sera e non v'è vita perfetta senza la vecchiaia. Ora, essendo la vita una cosa bella e buona, e che ogni organismo sano difende con tutte le forze del corpo e dell'anima dai nemici che l'insidiano ; anche la vecchiaia può e deve essere una cosa buona e bella, che abbiamo mille ragioni d'augurare a noi e agli altri.

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